Encefalogramma piatto: la sconfitta con il Bologna è stato l’ultimo lascito di Ivan Juric, incapace di dare un verso a una squadra priva di leader tecnici e, cosa ancor più grave, leader carismatici capaci di raddrizzare una situazione passata dall’essere grave all’essere da codice rosso. “Monsieur” Ghisolfi, per voce dei Friedkin ha predicato, a margine dell’ennesima disfatta stagionale, tutto quello che non doveva predicare: cioè la calma.
La Roma, nella migliore delle ipotesi si troverà a quattro punti dalla zona retrocessione al termine di questa giornata e, cosa ancora più grave, con un gruppo di giocatori apparsi senz’anima, smarriti e incapaci di reagire alle avversità. Lo spogliatoio è una polveriera, diviso in clan di “senatori”, “argentini” e casi umani che hanno destabilizzato l’ambiente come il mancato impiego di Mats Hummels anche in situazioni d’emergenza.
La domanda da porsi non è chi prenderanno i Friedkin per evitare di trasformare questa maledetta stagione in una via crucis dai contorni sanguinosi ma chi, tra i profili liberi, vorrà raccogliere una patata bollente: spogliatoio a pezzi, dirigenza assente con un unico dirigente che parla francese e che ha bisogno di un traduttore per esprimere concetti basilari dopo sei mesi che vive in Italia, proprietà completamente disinteressata alla causa.
Quale allenatore è giusto per rimettere lo sfacelo chiamato As Roma?
Quali nomi dunque sono i profili più adatti alla causa giallorossa, chi può avere le spalle così larghe da ereditare questo sfacelo chiamato AS Roma? Roberto Mancini, il nome più accreditato, non avrebbe paura di salire su questa giostra ma le esperienze pregresse soprattutto a livello di club (ultima vittoria con un club firmata 2012 e tante esperienze fallimentari fatta eccezione per l’acuto dell’Europeo vinto con l’Italia, con la macchia indelebile di un Mondiale mancato) di certo non calmerebbe una piazza divenuta esplosiva, anche per il suo passato da simbolo laziale.
I Friedkin, attesi nella Capitale entro domani, devono chiamare un allenatore al di sopra di ogni sospetto, che non dia alibi ai giocatori, che sappia metterli al muro e sappia gestire le faide interne che stanno dilaniando la Roma dall’inizio della stagione. Serve un allenatore “utilitaristico” e l’eccellenza in questa filosofia ha un nome e un cognome: Massimiliano Allegri. La sensazione è che la titubanza nel richiamare Ranieri, anche come direttore tecnico a supporto di De Rossi, sia proprio la voglia della dirigenza di portare un nome che possa ridare entusiasmo alla piazza. La diffidenza del tecnico livornese, oltre al dover prendere una squadra in corsa, potrebbe essere colmata a suon di milioni di ingaggio ma l’altra faccia della medaglia è proprio il lato economico, con i Friedkin che metterebbero a libro paga un allenatore costosissimo che si aggiungerebbe a quelli di De Rossi e di Juric.
Sir Claudio Ranieri sembra l’occasione per tutte le stagioni: esperto in salvezze, esperto nel modulare la squadra in base alle risorse a disposizione, rispettato da piazza e giocatori. In una recente intervista ha glissato sulla possibilità di tornare a Roma nonostante il suo recente ritiro, e la sensazione che l’atto terzo sulla panchina sia l’ipotesi più realistica anche se forse meno indicata per iniziare un progetto di lunga durata. Poco importa, perché questa stagione è lunga e c’è da far attraccare la nave in lidi sicuri.
Altre opzioni esotiche, che forse potevano andare bene un mese fa quando la stagione era meno compromessa, adesso risultano troppo rischiose: i vari Lampard o Terzic non hanno il tempo, in questa situazione di classifica e in questa polveriera, di acclimatarsi in un calcio difficile, ostico e tattico. Chiamare allenatori stranieri per iniziare un progetto di crescita della squadra può essere un’ipotesi suggestiva ad inizio stagione, non adesso che i buoi sono usciti dalla stalla e bisogna riportarli dentro costi quel che costi. Altrimenti saranno dolori così forti che quelli che stiamo vivendo adesso sembreranno carezze