Dopo mesi di indiscrezioni ed incertezze, il rebus allenatore è stato finalmente risolto: la Roma ha annunciato che Gian Piero Gasperini, in uscita dall’Atalanta dopo nove stagioni passate alla guida degli orobici, guiderà i capitolini a partire dalla prossima stagione sportiva. Il tecnico piemontese ha raccolto un’affascinante sfida alla guida della panchina giallorossa, nonostante avesse ancora un anno di contratto con l’Atalanta e con buona parte del tifo organizzato che recentemente ha manifestato il proprio dissenso per il suo arrivo tramite striscioni e scritte sui muri.
La carriera da calciatore
La sua formazione calcistica è legata indissolubilmente alla Juventus: proprio all’ombra della Mole Antonelliana si forma sia come calciatore sia come allenatore. Riesce tuttavia solo ad assaggiare la maglia bianconera, riuscendo a mettere assieme appena nove partite in Coppa Italia condite da una rete. È di gran lunga più fortunata la sua avventura nella provincia calcistica, dato che da calciatore lega il suo nome soprattutto al Palermo e al Pescara: con i rosanero si impone come titolare in un quinquennio passato in Serie B, mentre con gli abruzzesi ha modo di giocare in massima serie per due stagioni. Gasperini costruisce dunque una buona carriera da calciatore di cadetteria e da squadra periferica. Allo stesso tempo prende appunti da diversi allenatori che lo hanno accompagnato nel corso della sua carriera. L’esempio principe è rappresentato da Giovanni Galeone, suo tecnico ai tempi del Pescara da cui ha preso la concretezza del sistema di gioco, i compiti bidirezionali degli esterni e la velocità nell’esecuzione. Oltre a lui, Gasperini è stato allenato da Ilario Castagner, Gustavo Giagnoni, Fernando Veneranda, Antonio Renna e Guido Attardi (quest’ultimo, avuto dal Gasp alla Vis Pesaro nella sua ultima tappa da calciatore, fu anche lo storico allenatore della Lodigiani negli anni della Serie C).
Gli inizi nella giovanili della Juventus
Il secondo tempo della sua carriera sportiva comincia ancora dalle parti bianconere di Torino: dopo una breve esperienza alla Sisport, allena i giovanissimi e gli allievi della Juventus prima di fare il salto in Primavera nel 1998. Qui si toglie la sua prima grande soddisfazione da tecnico, quando riesce a vincere il Torneo di Viareggio nel 2003: dopo aver primeggiato nel girone 1 davanti ai pari età di Parma, Santos e Florentia Viola (denominazione utilizzata dalla Fiorentina nella stagione 2002-03 in attesa di recuperare i diritti del nome dopo il fallimento), riesce a battere nella fase ad eliminazione diretta Benevento, Ascoli, Vicenza e Slavia Praga in finale grazie al match-winner Chiumiento. In questa squadra militano delle future conoscenze della massima serie come Palladino, Konko, Cassani, Gastaldello e Ruben Olivera.
L’esordio in prima squadra con il Crotone
Questo successo è propedeutico per il suo passaggio in una prima squadra: è il Crotone di Raffaele Vrenna a puntare su di lui per cercare di riacciuffare quella Serie B che manca da qualche anno e che i pitagorici hanno solo assaggiato all’alba del nuovo millennio. La scelta si rivela vincente: la squadra può contare su un buon parco tecnico composto su tutti da Dei, Gastaldello, Juric e Vantaggiato e riesce a conquistare la cadetteria mettendosi in scia alla capolista Catanzaro e a vincere i playoff. Unico neo della stagione è la sconfitta in semifinale di Coppa Italia Serie C contro la Pro Patria. È più complicata l’annata successiva, con Gasperini che venne addirittura esonerato a stagione in corso a causa di una partenza a rilento. Per un breve intermezzo lo sostituisce Agostinelli, con la dirigenza rossoblù che verso il finale di stagione opta per il ritorno del Gasp sulla panchina. Per quanto complicata la seconda stagione del piemontese alla guida del Crotone finisce con una salvezza. L’annata 2005-06 finisce invece con un ottimo nono posto, che consacra il tecnico di Grugliasco nella Serie B.
L’approdo in Serie A con il Genoa
È qui che arriva il primo step per il tecnico, che ha modo di accasarsi al Genoa di Preziosi. È un’edizione non banale della Serie B dato che, oltre al Grifone, prendono parte a questo campionato Juventus e Napoli, reduci rispettivamente dalla retrocessione d’ufficio per Calciopoli e dai postumi di un fallimento avvenuto un biennio prima. Puntare alle prime due posizioni è per questo proibitivo, ma i rossoblù riescono a mettersi in scia delle regine del campionato arrivando terzi ed ottenendo la promozione diretta in Serie A. Qui il Genoa si consolida arrivando ad una buona metà classifica all’esordio dopo aver accarezzato fino alla Primavera la possibilità di insediarsi nelle lotte per l’Europa. Per il Gasp ed i suoi è un ottimo risultato, ma è il 2009 l’anno del vero capolavoro: Roma e Lazio non riescono ad insidiarsi nelle posizioni di testa, la Samp non ripete il piazzamento dell’anno prima e il Genoa riesce a qualificarsi in Coppa UEFA grazie soprattutto ai nuovi acquisti Milito e Motta. L’exploit non viene ripetuto successivamente, con Gasperini che finisce la sua prima esperienza ligure nel 2010 causa allontanamento.
Le esperienze negative all’Inter e al Palermo
L’esonero non gli impedisce di rimanere appetibile a livello nazionale, tanto che Moratti lo chiama per sostituire Leonardo alla guida dell’Inter nel 2011. La sfida è elettrica ma anche complicata: anche se i nerazzurri hanno provato a mantenere parte dello scheletro del 2010, quella squadra è solo la lontana parente del superteam che solo dodici mesi prima aveva conquistato il triplete, e già nel precampionato il presidente nerazzurro parla apertamente della poca convinzione nei confronti della scelta. L’epilogo è il più scontato; Gasperini viene esonerato dopo poche partite e senza vittorie racimolate, e tolto Verdelli (che dell’Inter è stato tecnico solo per una partita) rimane l’unico allenatore a non aver mai conquistato i tre punti nemmeno una volta alla guida dei meneghini. E anche la sua esperienza successiva al Palermo è negativa, dato che si trova a doversi confrontare con un presidente mangia-allenatori come Zamparini; per cautelarsi Gasperini impone la presenza di una clausola anti-esonero sul suo contratto, che prevede un risarcimento in caso di allontanamento anticipato. Non serve ovviamente a nulla, dato che il patron rosanero nell’arco dell’annata prima caccia il tecnico di Grugliasco e poi lo richiama in seconda battuta, senza che questo possa salvare i siciliani da una retrocessione preventivabile.
Il ritorno al Genoa e la consacrazione all’Atalanta
A questo punto il torinese non può fare altro che tornare nella sua Genova, e anche nella sua seconda esperienza all’ombra del Ferraris ricalca i passi della prima: prima subentra a Liverani nell’annata 2013-14 e salva i rossoblù, poi ottiene una qualificazione in Europa League – seppur revocata per l’assenza della licenza UEFA – ed infine conclude il Grifone-bis con un’annata senza grandi acuti ma comunque con un piazzamento di metà classifica. Il rilancio è avvenuto e con esso arriva anche la chiamata dell’Atalanta e della famiglia Percassi per raccogliere l’eredità di Reja. Il ricordo del goriziano è molto vivo nella testa dei tifosi, grazie alle due salvezze raccolte con lui alla guida degli orobici. La cosa viene fatta pesare dalla stampa locale soprattutto con il pessimo avvio nella stagione 2016-17. Poi come spesso succede arriva la svolta, e coincide con due vittorie contro Crotone e soprattutto Napoli: in queste gare Gasperini rivoluziona la squadra, inserisce i giovani e rilancia le proprie idee di sempre con una convinzione mai vista. Il resto è storia, anzi sono numeri: 228 vittorie totali di cui 181 in Serie A, 786 punti conquistati e 865 gol segnati con una media di 1,79 punti e di 1,96 gol fatti a partita; questo porta l’Atalanta a raggiungere sette qualificazioni europee di cui quattro in Champions League. Come se non bastasse, sotto la sua guida la Dea vince un’Europa League e gioca tre finali di Coppa Italia. Risultati che lo rendono uno dei tecnici più influenti dell’ultimo decennio, anche perché raggiunti con squadre non programmate per vincere o per raggiungere piazzamenti validi per l’Europa. E chissà che con una rosa che già parte con qualche ambizione in più non possa fare il definitivo salto nell’Olimpo dei grandissimi.
Il calcio del Gasp tra concetti, allenamenti duri e litigi
Il vademecum di Gasperini è diventato molto riconoscibile negli anni; per il tecnico il gioco intenso, le trame a memoria e la perfetta realizzazione delle due fasi con i giusti tempi sono imprescindibili per portare a casa i migliori risultati possibili. È difficile trovare qualcuno capace di abbinare con questo profitto l’asfissiante marcatura del gioco all’italiana alle geometrie ed il pressing tipici del calcio totale. Le squadre di Gasp corrono e fanno correre a vuoto, attaccano per novanta minuti pur concedendo pochissimi spazi. In difesa sono fondamentali i braccetti capaci di sovrapporsi e di creare triangolazioni e l’uscita del centrale, mentre dalla cinta in su l’assetto varia a seconda dell’avversario e dei propri interpreti.
Tutto questo può essere messo in pratica solo tramite una forte etica del lavoro – gli allenamenti dell’Atalanta sono considerati tra i più tosti dell’intera Serie A – e ad una gestione quasi totalitaria. Quest’ultimo aspetto non è esente da critiche e crepe con i suoi stesi giocatori. Il caso più celebre è quello di Alejandro Gomez durante la stagione 2020-21; stando al tecnico il Papu mal si adattava alle esigenze della squadra nonostante le difficoltà incontrate dagli orobici, col più classico degli “o me o lui” risolto con la cessione del fantasista al Siviglia. Il calciatore dell’Albiceleste non è l’unico ad aver avuto screzi con il Gasp – chiedere conferma a Gollini, Demiral e Maehle – ma la fiducia che ha avuto soprattutto a Bergamo gli ha concesso un’autorevolezza che dalle parti di Trigoria farà senz’altro comodo.